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Decreto legge n. 63/2024, c.d. “Decreto Agricoltura”: quali aree agricole rimangono indonee per l’installazione di impianti di produzione di energia da FER? | Giusti Studio Legale

23 Maggio 2024

Il quadro normativo che regola l’installazione a terra, in aree a destinazione agricola, degli impianti di produzione di energia rinnovabile è stata oggetto di numerosi interventi da parte del Legislatore, sempre intendo a preservare il consumo di suolo e l’attività agricola dall’iniziativa economica privata.

Dopo una prima fase piuttosto permissiva, l’art. 65 del D.l. n. 1/2012 (L. conv. n. 27/2012) aveva imposto un generale divieto di accesso agli incentivi statali previsti dal d.lgs n. 28/2011 per tutti quegli impianti ricadenti in aree a destinazione agricola, così da disincentivare l’investimento. Malgrado ciò, la misura non ha frenato l’installazione dei grandi parchi solari ed eolici in ambito agricolo, che hanno di fatto continuato ad essere realizzati dove non venivano trovati impedimenti di tipo paesaggistico e burocratico.

L’adozione del D.lgs n. 199/2021 e, in particolare, dell’art. 20 inerente all’individuazione delle c.d. “Aree idonee” per l’installazione di impianti di produzione da FER, è stato il primo concreto passo per fare chiarezza sul tema.

In attesa dei prossimi Decreti attuativi del MASE e delle Regioni, per una completa definizione delle superfici utili all’installazione di impianti FER, in prima battuta erano state ritenute idonee:

  • aree dove erano già installati impianti (per modifica, rifacimento, potenziamento, ricostruzione impianti con max variazione area + 20%)
  • aree siti oggetto di bonifica
  • cave e miniere cessate, non recuperate, abbandonate, in condizione di degrado ambientale. Porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento
  • siti e impianti nella disponibilità di ferrovie dello Stato o dei gestori autostradali
  • sedimi aereoportuali
  • esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, in assenza di vincoli culturali e paesaggistici:
    • le aree agricole in perimetri non più distanti di 500 mt da zone industriali , artigianali e commerciali, SIN, cave e miniere.
    • le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu’ di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento industriale;
    • le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.
    • aree in generale non sottoposte a vincolo paesaggistico o non ricadono nella fascia di rispetto di beni sottoposti a tutela (3 km eolici, 500 mt solari)

Con la recente pubblicazione del Decreto Legge n. 63 dello scorso 15 maggio 2024, il Legislatore ha voluto eseguire un giro di vite, per limitare il consumo del suolo agricolo e circoscrivere l’installazione di impianti FER solo in caso di sussistenza talune di quelle condizioni già riportate al comma 8 dell’art. 20 D.lgs 199/2021. Sono infatti ammessi installazioni a terra su terreni a destinazione agricola esclusivamente:

  • in siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata [cfr comma 8, lettera a)];
  • nelle cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento [cfr comma 8, lettera c)];
  • in siti e impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali [cfr comma 8, lettera c-bis)];
  • in siti e impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, ivi inclusi quelli all’interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti delle isole minori, ferme restando le necessarie verifiche tecniche da parte dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) [cfr comma 8, lettera c-bis1)];
  • in siti privi di vincoli di beni culturali e paesaggistici, che costituiscono aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché aree classificate agricole racchiuse in un perimetro cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento [cfr comma 8, lettera c -ter ) n. 2)];
  • aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300metri [cfr comma 8, lettera c -ter )  n. 3)].

Parimenti, rimango esclusi rispetto alla previgente impostazione:

  • i siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta del D.lgs 152/2006 [cfr comma 8, lettera b)];
  • le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere [cfr comma 8, lettera c -ter ) n. 1)].

In base al tenore della norma il divieto appare assoluto e si applica in ogni caso, anche se tali aree non sono sottoposte a tutela o vincoli paesaggistici.

Da una prima lettura della novella normativa, appare evidente l’incongruenza tra il limite d’incremento dell’area occupata dagli impianti già esistenti, attraverso interventi di rifacimento o potenziamento, e quanto riportato al comma 8, lettera c -ter ) n. 2) del medesimo articolo, che consente invece l’installazione di impianti FV su aree agricole entro 500 metri da impianti industriali o stabilimenti di cui all’art. 268 co.1 lett. h) D.lgs n. 152/2006.

Secondo due recenti risposte ad interpelli (1), il MASE ha chiarito che nell’ambito della definizione di “impianti industriali o stabilimenti” di cui al sopra citato comma 8, può essere ricompreso anche un impianto fotovoltaico, che di fatto è composto da un complesso unitario e stabile di moduli, inverter, sistemi di monitoraggio e impiantistica che sono tra loro interconnessi come un complessivo ciclo produttivo.

Per quanto esposto, sembrerebbe quindi che il limite imposto dal DL Agricoltura, che esclude l’incremento degli impianti già installati su area agricola, possa essere superato con la realizzazione di un “nuovo impianto” adiacente a quello esistente, entro un raggio di 500 metri, fermo lo studio degli impatti negativi che potrebbero verificarsi con il cumulo degli insediamenti.

A parere di chi scrive, questo rappresenta senz’altro un punto che dovrà essere risolto in sede di eventuale conversione in Legge del Decreto, in quanto non appare agevole individuare la reale volontà perseguita dal Legislatore.

Le limitazioni introdotte dal nuovo comma 1.bis non trovano invece applicazione per progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una Comunità energetica rinnovabile (max potenza impianto 1 MWp). Nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) o del Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari (PNC), ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.

Sono fatte salve le procedure abilitative autorizzatorie o di valutazione ambientale già avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto, sulla base della previgente impostazione normativa. Anche in questo caso, sarà necessario in sede di conversione normativa stabilire se a tal proposito può essere ritenuto sufficiente la mera presentazione a TERNA dell’istanza di connessione dell’impianto alla rete, ovvero sia necessario che la procedura sia già in uno stato più avanzato.

In fine, paiono esclusi dalle nuove restrizioni normative gli impianti agro-voltaici innovativi e “semplici”, essendo progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR e, in ogni caso, una soluzione tecnologica differente da quella descritta dall’art. 6 bis  lett. b) del D.lgs n. 28/2011.

(1) 

Articolo scritto da
Edoardo Giusti
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