Con la sentenza n. 1229 del 2018 il Consiglio di Stato ha espresso il proprio orientamento in merito alla facoltà concessa allo Stato dalla Direttiva 2008/98/CE di intervenire “caso per caso” per la definizione di nuovi criteri nazionali End of Waste, ovvero di fine rifiuto, per specifiche tipologie di materiali per i quali non vi sia ancora alcuna regolamentazione comunitaria.
La decisione si scontra con la riconosciuta autonomia regionale a definire i criteri di cessazione della qualifica di rifiuto, ai sensi dell’articolo 184-ter del Dlgs 152/2006, in sede di rilascio delle autorizzazioni ordinarie ex art. 208 TUA, allorquando non sussistano disposizioni nazionali ovvero europee.
In tal senso la Corte ha precisato che “il destinatario del potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto è, per la Direttiva, lo “Stato”, che assume anche obbligo di interlocuzione con la Commissione. La stessa Direttiva UE, quindi, non riconosce il potere di valutazione “caso per caso” ad enti e/o organizzazioni interne allo Stato, ma solo allo Stato medesimo, posto che la predetta valutazione non può che intervenire, ragionevolmente, se non con riferimento all’intero territorio di uno Stato membro.Ciò è quanto ha fatto il Legislatore statale, attribuendo tale potere al Ministero dell’Ambiente, ed anzi fornendo una lettura del “caso per caso”, non già riferito al singolo materiale da esaminare ed (eventualmente) declassificare con specifico provvedimento amministrativo, bensì inteso come “tipologia” di materiale da esaminare e fare oggetto di più generale previsione regolamentare, a monte dell’esercizio della potestà provvedimentale autorizzatoria.“.
In base a quanto deciso dalla Corte, quindi, è solo lo Stato competente ad individuare nuovi criteri nazionali EoW, non essendo gli Enti territoriali legittimati ad interferire con la disciplina del recupero dei rifiuti in ragione di quanto disposto dalla Direttiva 2008/98/CE, in armonia con l’art. 117 co. 2 lett. s della Costituzione.